Discorso di insediamento del Sindaco
Vorrei cogliere l’occasione per condividere con voi una brevissima riflessione visto che questa sera, seguendo il rituale dell’ufficialità, inizia per tutti una nuova “avventura”, una sfida al contempo esaltante, impegnativa e storica.
Ricominciare, concetto impegnativo e tuttavia indispensabile in questi tempi così difficili e veloci. Verbo affascinante, che trascina con se la propensione a non arrendersi, a riprogettare e formulare nuove soluzioni per le tante aspettative che ci attendono. Un cammino in cui tutti siamo chiamati oggi ad essere ancor più responsabili, umili e vigili perché le criticità e le insidie che troveremo lungo questo inedito percorso saranno certamente numerose e diverse.
Ci apprestiamo del resto a compierlo consapevoli dell’impegno che ci siamo presi nei confronti dei nostri concittadini, delle nostre famiglie, di noi stessi, ma anche forti della stima e fiducia che lega ciascuno di noi, a prescindere dal ruolo ricoperto.
Le precedenti esperienze amministrative che ciascuno di noi ha vissuto, così come l’impegno personale nelle varie attività di volontariato, costituiscono certamente un bagaglio prezioso e utile come contributo alla formazione di un nuovo livello di comunità.
Una nuova comunità, quella di Castelgerundo che non va certo inventata dal nulla, perché poggia sulle millenarie fondamenta di Camairago e Cavacurta, ma che dovrà costruire i suoi equilibri e le sue regole, così come apprezzare i suoi simboli e le sue peculiarità.
Non siamo di fronte solo ad un pur complesso esercizio progettuale, ma ad una scelta di prospettiva del tutto inedita e da condividere necessariamente con altri protagonisti come la cittadinanza tutta, le varie associazioni, il personale in servizio o quanti altri vorranno contribuire con idee e suggerimenti, e che dovremo presto essere capaci di coinvolgere perché la bontà dell’azione si misura anche attraverso elementi fondamentali quali la partecipazione e la condivisione.
Abbiamo quindi davanti a noi un lavoro molto ampio e un impegno altrettanto serio da svolgere, che vengono rilanciati e non certo esauriti con l’atto di fusione perché, appunto, come la Fisica ci ricorda “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Tante sono le attese, le necessità e il perdurare della difficile situazione economica rischia di lasciare sul campo più di un sogno, oltre che di minare nel profondo la fiducia in molti. Noi tuttavia non ci arrendiamo, ma lotteremo con ancor più decisione anche contro il clima di demotivazione, incomprensione e facili nostalgie cui questa condizione induce.
Siamo del resto convinti che ripartendo da ciò che di buono è stato fatto finora, dalle collaborazioni con gli enti limitrofi e le associazioni tutte, sia possibile migliorare ulteriormente le condizioni generali del vivere con qualità il nostro territorio.
Unitamente alla doverosa attenzione ai temi sociali e ambientali, vogliamo continuare ad investire ed avere l’orgoglio di avere una scuola di eccellenza, proporre occasioni di crescita culturale, ben consapevoli che siamo a tutti gli effetti “il fronte più vicino ed esposto alle sfide della quotidianità” e che si attendono risposte puntuali ed efficaci.
Lavoreremo quindi cercando sempre di stimolare un clima di confronto sano e aperto con tutti perché convinti che le diverse opinioni, quando si ha ben chiara e tracciata la meta, possono solo migliorare gli esiti dei risultati.
Voglio infine ringraziare sia tutti i cittadini che hanno riposto nuova fiducia in noi sia coloro che non si sono recati alle urne, ma anche tutti coloro: dagli amministratori uscenti ai collaboratori comunali, dalla preziosissima e indispensabile rete di volontari alle associazioni e collaboratori esterni, dalle nostre famiglie a chi ci è stato vicino nelle difficoltà e nei silenzi, per tutta la pazienza concessa, la professionalità dimostrata e la generosità con cui hanno saputo donare una parte di se stessi contribuendo così ad una giusta causa, per il bene di tutta la comunità.
Buon lavoro dunque e buon cammino a tutti!
MUSEO AGRICOLO
dal Lavoro dei Campi: Bonum Comedere
Il Museo Agricolo Bonum Comedere è ospitato nel complesso dell’ex Convento dell’Ordine dei Servi di Maria, nelle cantine sottostanti l’attuale casa parrocchiale.
La raccolta, iniziata nel gennaio 1996, è composta da un consistente numero di oggetti di uso domestico, di attrezzi artigianali e agricoli, utilizzati per l’allevamento di animali, per la viticultura e la vinificazione.
L’iniziale raccolta si è nel strutturata in una preziosa proposta museale, che vuole essere un vero e proprio progetto di riappropriazione della dimensione umana e territoriale di quell’area del Lodigiano che si trova nella valle dell’Adda.
Il tema dal lavoro dei campi: Bonum Comedere è indicativo del percorso che il museo si propone, la storia di un ciclo fondamentale e vitale per l’uomo: dall’agricoltura alla produzione del cibo per l’alimentazione, ovvero al desco famigliare.
Si accede al Museo attraverso l’ingresso della casa parrocchiale, portone principale dell’ex convento, sopra cui è ancora ben visibile una lunetta in ferro battuto che porta l’insegna dell’Ordine dei Servi di Maria.
Dall’interno dell’atrio, pregevolmente affrescato, si accede all’ampia cantina con volte a botte, in cui è situato un pozzo di epoca seicentesca. Negli ampi spazi dello scantinato trova posto la preziosa collezione di attrezzi e oggetti agricolo-artigianale, pannelli informativi semplici ed esaustivi, oltre numerose immagini d’epoca.
La chiesa di San Bartolomeo Apostolo e l’ex-convento dei Servi di Maria
In posizione eccentrica rispetto all’asse viario principale del paese, e dominante la campagna sottostante, sorge il complesso monumentale dell’ex convento e chiesa dei Frati Serviti. Secondo la tradizione il complesso fu edificato su un precedente fortilizio di età medievale, del quale però non rimane oggi alcuna traccia.
La chiesa era dedicata in origine a S. Maria delle Grazie e il vescovo di Lodi, Carlo Pallavicino, la concesse nel 1468 ai Servi di Maria, di cui si nota ancora l’insegna in ferro battuto nel lunettone sopra l’ingresso principale della canonica.
Nel tempo essa fu intitolata a San Bartolomeo e dal 1603 venne ricostruita ad unica navata e nelle forme in cui oggi si vede. Al suo interno si possono osservare in particolare: un prezioso coro ligneo intarsiato dell’epoca barocca, una fonte battesimale del 1588 sovrastato da una copertura lignea settecentesca, la ricca cappella della Madonna Addolorata e dipinti di pregevole fattura della bottega del Malosso.
Il convento di Cavacurta è stato fondato intorno alla metà del secolo XV dai frati dell’Ordine dei “Servi di Maria” (secondo il “Catastro”, il 7 luglio 1485).
Verso la fine del 1500 il convento di Cavacurta era un dei più importanti della Lombardia, tanto che il paese figura nella Galleria delle Carte geografiche nei Musei Vaticani. Era costruito su due piani compreso il pian terreno e misurava nell’interno oltre 800mq. Era dotato di un numero considerevole di celle (oltre 50) ed una consistente comunità di frati, con tutte le strutture tipiche dell’architettura conventuale quali il refettorio, il capitolo, la biblioteca e le stalle.
Il convento di Cavacurta ospitò personaggi illustri, tra i quali il Beato Giovanni Angelo Porro, cui è dedicata una bella edicola (risalente al XVII secolo) a ricordo dell’apparizione della Vergine Maria, laddove i confratelli lo videro assorto in preghiera ed elevato da terra in estasi mistica, presso un cespuglio di rose fiorite nonostante la stagione invernale.
Sono presenti sul territorio comunale anche altri due edifici storici usati un tempo per il culto, quali la ex chiesa di San Rocco, presente già nel XVI secolo e nel tempo rimaneggiata fino ad essere sconsacrata negli anni ’50 del secolo scorso per essere poi convertita in laboratorio artigianale, e l’interessate oratorio dei SS. Carlo e Francesco sorto nel 1626 nella frazione di Reghinera per soddisfare i bisogni spirituali di una considerevole comunità sino agli anni ’50 del secolo scorso.